" IL CORAGGIO CE L'HO, E' LA PAURA CHE MI FREGA"
“IL CORAGGIO CE L’HO, E’ LA PAURA
CHE MI FREGA!”
Così parlava un uomo che tuttavia fesso non fu mai, nemmeno quella notte
tra il 14 e il 15 aprile del 1967, quella notte in cui non lo “fregò” di certo
la più umana delle paure.
di Margherita CIGNITTI
di Margherita CIGNITTI
Teatrante
fino all’ultimo, attore fino al sipario, cinquant’anni fa ci lasciava Antonio
De Curtis, per il mondo Totò, salutando la morte come un meritato sollievo da
quella “fucilata al cuore” da cui disse di sentirsi colpito.Oggi risulta
difficile assai, come direbbe Totò, provare a rendere omaggio, commemorare
qualcuno che di morto non ha nulla, che ha attraversato decenni rimanendo
immutato nella fama che in realtà è cresciuta e continua a crescere giorno dopo
giorno, qualcuno di cui, perciò, non si ha nulla di nuovo da dire.Nella sua Napoli è da mesi che ci si
prepara a questo giorno, il suo rione natale, il quartiere Sanità, fermenta e cerca la grandezza nei festeggiamenti, nulla
sembra abbastanza per questa leggenda della comicità italiana. Se molti tuttavia
ancora oggi lo criticano, senza dubbio nessuno nega la portata del fenomeno
Totò, la cui caratteristica è proprio la durata: a cinquant’anni dalla sua
morte il suo personaggio non è svanito, si è bensì rafforzato, conosciuto e
riconosciuto da tutte le generazioni. Persino
nell’epoca di Netflix se facendo zapping tra i canali si finisce su uno
dei suoi 97 film, magari anche visto e rivisto, con quale coraggio cambiare
canale? Come resistere al celeberrimo Miseria
e nobiltà o a Totò a colori? La
sua filmografia copre un arco temporale di circa trent’anni (il suo primo film
è Fermo con le mani del 1937 e
l’ultimo è Capriccio all’italiana del
1968) ma le sue opere, appartengono
tutte ad unica memoria indistinta, indelebile, un flusso continuo di comicità
sempre attuale, sempre pronta a riaffiorare
indipendentemente dalla cronologia. Un patrimonio individuale e
nazionale, si potrebbe aggiungere. Il Principe
infatti non è più soltanto un grande comico degli anni che furono ma uno
stile di vita, un modello tutto all’italiana insinuatosi ormai stabilmente
nella nostra lingua e gestualità. Insomma lui ancora c’è eccome e il vero
omaggio in realtà ha luogo ogni giorno con il riciclaggio più o meno
consapevole delle sue battute che procede a gonfie vele (E io
pago!, Noio volevan savoir, Siamo uomini o caporali?, Parli come badi, Ogni
limite ha una pazienza, Signori si nasce ed io, modestamenete, Io nacqui, Lei è
un cretino, s’informi! e Vota
Antonio!, solo per citarne alcune).Ad
oggi Napoli tutta ancora lo osanna quasi al pari di San Gennaro e il resto d’Italia,
se pur non lo ama altrettanto, non può non riconoscere l’immortalità del genio
che ha raccontato spaccati di una nazione dilaniata dalla guerra, ancora
ferita, in ricostruzione, ma allo stesso tempo forte, allegra, malandrina e
autentica. La verità è che quest’uomo ha attraversato senza problemi quattro
generazioni perché in lui c’è un po’di tutti noi, l’italiano che è arrivato
dov’è oggi rialzandosi dagli scherzi della storia e rimettendosi in piedi passo
dopo passo sta tutto nei suoi sketch e nella sua ironia: tagliente, amara a
tratti perché vera e senza dubbio “malafemmena” come l’Italia che ci ha sempre
raccontato.
“Te voglio
bene e t’odio, nun te pozz scurdà”,
Antonio De Curtis in arte Totò (15/02/1898 – 15/04/1967).
Margherita Cignitti
Margherita Cignitti