Un omaggio alla dimenticata identità della donna


Per gentile concessione dell’autore, Leonardo VARASANO, riportiamo integralmente l’articolo “Un omaggio alla dimenticata identità della donna”, pubblicato sul Giornale dell’Umbria il 31 marzo 2014 e sul sito dell’autore il 7 aprile 2014 (www.leonardovarasano.it).

“Schiacciata tra vecchi e nuovi stereotipi – dall’angelo del focolare alla Barbie perfetta -, imprigionata in vecchie e nuove banalizzazioni – dalla assolutizzazione della maternità, come unica forma di realizzazione, alla mercificazione del corpo e alla mistica della promiscuità -, l’identità della donna pare ormai soppiantata da continue, ingannevoli contraffazioni del femminile. In una presunta Babele di generi, il sesso sembra non essere più un dato originario della natura – da “accettare e riempire di senso”, come più volte sostenuto da Benedetto XVI -, quanto piuttosto un ruolo sociale del quale si decide autonomamente: maschile e femminile finiscono così per confondersi e sovrapporsi; la bellezza della reciprocità si perde; il maschio inclina verso la “femminizzazione”; la femmina scivola verso il modello duro ed androgino della “signorina Rambo” cantata da Roberto Vecchioni.

In questa propensione all’appiattimento e all’uniformità dei sessi, la distinzione tra uomo e donna – con le rispettive prerogative e peculiarità – tende ad essere cancellata. L’identità femminile, in particolare, pare scolorire fino a ridursi ad un’offensiva sulla parità di genere, finalizzata a riequilibrare la dominante rappresentanza maschile nell’ambito politico o in quello economico. La donna – nella sua complessità e nella sua bellezza – sembra così passare in secondo piano, presso che oscurata dalla battaglia per le cosiddette quote rosa.

In questo contesto, tendente allo smarrimento, riflettere sull’identità profonda della donna (e dell’uomo) è un esercizio utile e lodevole. Un significativo contributo, in tal senso, è ora offerto dal volume di Roberta Vinerba “Nel grembo e nel cielo. La donna come spazio, deserto, speranza”, appena pubblicato per i tipi delle edizioni Paoline.

L’autrice – suora francescana incorporata nella diocesi di Perugia-Città della Pieve, docente di teologia morale e collaboratrice di Avvenire – muove da una felice, feroce contrarietà verso le “caricature femministe”, sperimentate, a suo tempo, in prima persona: “di una parità che ricalchi il peggio del maschile o che, solo, voglia rivendicare di essere come un uomo, ovvero dimenticando e mortificando il genio femminile, non ne voglio proprio sentir parlare”, scrive Roberta Vinerba. Il libro prende spunto da un profondo fastidio per la melassa stucchevole che si può riscontrare ad ogni Festa della mamma. Di qui, dal profluvio di cuori, di fiori e dai messaggi di gratitudine senza alcuna sostanza e consapevolezza, parte un serio ragionamento sull’identità femminile.

La donna, sostiene suor Roberta, si caratterizza per tre dimensioni: lo spazio, il deserto e il cielo. Essa è innanzitutto spazio perché è la prima casa, una tenda che contiene e protegge. Ciò è evidente nell’esperienza della gravidanza, quando una madre – parola invisa all’assurdo, insensato politicamente corretto del “genitore 1” e del “genitore 2” – accoglie i figli (“deliziosi despoti che colonizzano un corpo”), rinuncia a vivere per sé, fa posto a chi è “altro” da lei. Ma la donna è anche deserto, cioè spazio di verità, luogo di prova, di esperienza dolorosa e di passaggio, punto d’incontro con l’Assoluto, fase in cui si capisce se l’amore femminile è effettivamente un amore-dono: se non lo è, il grembo di vita si trasforma in una tomba che trattiene l’uomo e i figli – con la gelosia, con l’egoismo, con i sensi di colpa – in un abbraccio mortale. Se però lo spazio desertificato riesce a fiorire e a farsi giardino, la donna diventa anche “donna del paradiso, speranza certa, maestra del cammino, via sicura e icona perfetta del genio femminile”. Diventa cielo, sul modello di Maria di Nazareth – a cui il libro è dedicato -, sposa e madre, sorella e maestra. “Non si è davvero donne – scrive Roberta Vinerba – se non si giunge, al fine, al grembo vuoto perché svuotato, perché tutto è stato dato”. Il volto perfetto della donna si ricompone, si innalza e si sublima in chi nulla ha trattenuto per sé: nella madre di Dio, massimo esempio di umiltà, donna “di sol vestita” e “coronata di stelle”, “saldo scudo de l’afflicte genti”, “refrigerio al cieco ardor ch’avampa” e “finestra del ciel lucente altera”, come scrive Petrarca nel celebre inno alla Vergine che chiude il Canzoniere.

Intenso eppure immediato e di facile comprensione, il volume di suor Roberta è un prezioso omaggio all’identità femminile, è una vera e propria celebrazione della donna. Intesa come spazio, come deserto, come cielo. Come dimenticata meraviglia. Al di là e al di sopra delle riduttive, anguste e umilianti battaglie per le “quote rosa”.”

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